Le separazioni di genere possono veramente contenere molestie e violenze sessuali?
«Abbiamo il diritto di usare i mezzi pubblici a qualsiasi ora del giorno senza paura.
In altri paesi, sui mezzi di trasporto anche locale, esistono carrozze dedicate alle sole viaggiatrici.
Con questa petizione chiediamo a Trenord di dedicare, su tutte le sue linee, la carrozza di testa alle donne. In questo modo, a qualsiasi ora, si potrà viaggiare sicure».
Queste sono le parole della donna della provincia di Varese che ha lanciato la petizione su change.org, a seguito di due casi di violenza sessuale avvenuti la notte di venerdì 3 dicembre 2021 sulla tratta Milano-Varese .
L’obiettivo di questa petizione dovrebbe essere, almeno per chi l’ha lanciata e firmata, di rendere più sicure le donne durante i viaggi proteggendole da eventuali molestie o violenze sessuali.
Non sembra essere una proposta nuova o inattuabile perché è già stata realizzata in altri paesi, come in Germania, dove una compagnia ferroviaria nel 2016 decise di istituire dei vagoni per sole donne, posti nelle vicinanze degli uffici dei controllori e degli operatori di servizio. In Giappone, addirittura, esistono metro per sole donne.
Sembra che quasi dovunque, anche in paesi considerati “moderni”, la libertà e la sicurezza personale delle donne non siano un diritto inviolabile e sempre garantito, perché uomini come quelli della notte del 3 dicembre continuano a sentirsi intitolati a limitare e violare le donne.

È come se, in assenza di un uomo, non ci fosse nessuno da oltraggiare, nessuno a cui dare conto, come se si considerasse la donna ancora un possesso senza diritti sul suo corpo, come se vivessimo ancora in un passato in cui la donna viene scambiata per del bestiame.
La cosa più grave è che questo, in molti casi, condiziona la libertà femminile al punto che ha anche un impatto sulle scelte che facciamo ogni giorno.
Infatti molestie e violenze non hanno luogo solo nei treni ma dovunque: nelle case, nei locali e frequentemente anche per strada.
È come se, in assenza di un uomo, non ci fosse nessuno da oltraggiare, nessuno a cui dare conto, come se si considerasse la donna ancora un possesso senza diritti sul suo corpo, come se vivessimo ancora in un passato in cui la donna viene scambiata per del bestiame.
La cosa più grave è che questo, in molti casi, condiziona la libertà femminile al punto che ha anche un impatto sulle scelte che facciamo ogni giorno.
Infatti molestie e violenze non hanno luogo solo nei treni ma dovunque: nelle case, nei locali e frequentemente anche per strada.
Quante volte non ci sentiamo sicure a camminare per strada in un posto isolato? Quante volte evitiamo di tornare da sole a casa di notte? Quante volte siamo costrette a sentirci in pericolo o a disagio perché un uomo ci sta infastidendo, magari con commenti sgradevoli?
Ed è questa minaccia, a cui possiamo andare incontro ogni giorno, a ostacolare la libertà di scelta di molte donne, libertà di scelta per cui si è persa la vita e che ancora molte altre donne nel mondo non hanno raggiunto.
Purtroppo diventa abitudine per molte donne percorrere una determinata strada rispetto ad un’altra più buia oppure cambiare vestito per evitare di attirare l’attenzione di un potenziale molestatore, come se fossero educate a conformarsi al regresso della società.
Ogni giorno siamo indotte ad abituarci alla sottomissione e alla violenza, ma perché non dovremmo combatterle?
Separare uomini e donne all’interno dei treni sarebbe solo un deterrente perché, anche se potesse evitare violenze e molestie, non risolverebbe il problema di fondo, che resta un problema culturale.
Questa ghettizzazione significherebbe a tutti gli effetti accettare che semplicemente le cose sono destinate ad andare così, piegandosi alla violenza e all’arretratezza di questa società.
Separazioni di genere sono misure contro cui abbiamo lottato per anni perché si basano su presupposti maschilisti che inquadrano sia donne che uomini solo in determinati ruoli e comportamenti.
Oggi ogni donna ha accesso alla stesse scuole, agli stessi sport, negozi e luoghi ricreativi a cui ha accesso un uomo, in nome della parità dei diritti e del rispetto reciproco che rendono uomini e donne uguali davanti alla legge e alla società.
Condividere gli stessi spazi tra uomini e donne è una conquista del progresso, perché incoraggia un’interazione basata sul rispetto e non sulla prevaricazione.
Non è un caso che in Afghanistan, paese che, soprattutto col ritorno del regime talebano, riguardo ai diritti delle donne resta molto arretrato, le divisioni tra uomini e donne sono all’ordine del giorno, perfino nei luoghi di istruzione.
La donna infatti è spesso vista semplicemente come oggetto sessuale, che deve essere nascosta per evitare di tentare l’uomo. Ma il nostro obiettivo non dovrebbe essere quello di nascondere le donne dagli uomini contenendo la violenza, perché il nostro obiettivo dovrebbe essere quello di incoraggiare la libertà femminile quanto più possibile senza sopprimerla.
Porre barriere nello spazio dei treni significa porre ulteriori barriere mentali in coloro che vedono ogni molestia o violenza come legittima.
L’unico modo per combattere queste barriere non è costruirne altre ma, al contrario, abbatterle rivendicando la libertà e l’indipendenza femminile. Il mezzo più efficace per fare ciò è l’educazione, che ha il compito di aprire le menti e cancellare antichi stereotipi sociali e culturali.
Per questo motivo, costruire vagoni separati per sole donne non le renderebbe più sicure perché la sicurezza non deriva e non deriverà mai da una privazione della libertà. Non sono gli spazi o i comportamenti delle donne a dover cambiare, ma ciò che spesso permette alla violenza di persistere è l’indifferenza della nostra società, che continuamente ignora e accetta atteggiamenti patriarcali, al punto che la stessa popolazione femminile li giustifica o sottovaluta, perché non vi dà il peso che meriterebbero.
Per alterare lo status quo c’è bisogno di reazione, non di passività.
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