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L’obiettivo di questa petizione dovrebbe essere,
almeno per chi l’ha lanciata e firmata, di rendere
più sicure le donne durante i viaggi proteggendole
da eventuali molestie o violenze sessuali. Non sembra
essere una proposta nuova o inattuabile perché è già
stata realizzata in altri paesi, come in Germania, dove
una compagnia ferroviaria nel 2016 decise di istituire
dei vagoni per sole donne, posti nelle vicinanze degli
uffici dei controllori e degli operatori di servizio.
In Giappone, addirittura, esistono metro per sole
donne. Sembra che quasi dovunque, anche in paesi
considerati “moderni”, la libertà e la sicurezza
personale delle donne non siano un diritto inviolabile
e sempre garantito, perché uomini come quelli della
notte del 3 dicembre continuano a sentirsi intitolati a
limitare e violare le donne. Quando la donna è sola,
senza un uomo come accompagnatore, il molestatore
si sente in diritto di non rispettare i suoi spazi, lei e la
sua privacy, al punto che sta nascendo il bisogno
sociale di proteggersi dagli uomini. È come se, in
assenza di un uomo, non ci fosse nessuno da
oltraggiare, nessuno a cui dare conto, come se si
considerasse la donna ancora un possesso senza
diritti sul suo corpo, come se vivessimo ancora in un
passato in cui la donna viene scambiata per del
bestiame.
A due anni dall’inizio di una pandemia in cui il motto
di chi lottava per sopravvivere era “ne usciremo
migliori” le uniche cose ad essere migliorate sono il
patrimonio di cinquanta uomini e donne senza
scrupoli e la possibilità di fare il classico ricorso alla
retorica del merito individuale per giustificare le
colossali disuguaglianze sociali che dilaniano
il paese. Dopotutto, se cinquanta persone sono tanto
ricche da possedere quanto un uomo comune
guadagna in centomila vite è di sicuro perché se
lo meritano, no? Se, in Italia, il 9.4% vive sotto la soglia
di povertà a seguito di una pandemia globale è di
sicuro perché mancano di spirito di iniziativa.
È così giusto? Giusto. O forse non lo è, forse quella del
merito è solo l’ennesima favola che amiamo
raccontare per giustificare la struttura economica e
sociale di un sistema che, se non distruggerà prima il
pianeta, sarà la causa della distruzione di tutti coloro
che lo abitano.
All’inizio del 2022, al centro della potente
ed evoluta civiltà dell’Occidente, nell’avanzata e
democratica Europa, dove gli uomini più potenti del
mondo ormai da anni promettono l’abolizione della
povertà e delle disuguaglianze, milioni di uomini e
donne devono pensare a sopravvivere e non a vivere.