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STANOTTE
          A NAPOLI












            Ma poi, il mondo rassicurante e felice dell’adolescenza


            del protagonista, protetto dai genitori, viene disintegrato.


             La luce si fa più fioca: Napoli non brilla più come prima,


            gli sguardi diventano velati, tristi, e l’atmosfera è pervasa


            da lunghi silenzi o da frasi brevi, contratte. Fabietto,


            alter ego del regista, è sopraffatto dal dolore e dalla


            solitudine: ed ecco la scena di disperazione all’arrivo in


            ospedale, ecco l’addio dei fratelli a Stromboli, in cui il


            fratello più grande esprime la sua incertezza e in questo


            modo confessa di non potersi prendere cura di Fabietto,


            al quale sa solo raccomandare di stare attento «a tutto»;


            ecco la corsa verso il cinema, verso la ‘finzione’ per


            sfuggire alle durezze della realtà; ecco la fuga da Napoli,


            un addio all’adolescenza felice e a tutto il peso di ricordi


            divenuti insopportabili. Ma, anche se il futuro fa paura,


            c’è sempre lui, Diego, che per tutto il film mantiene un


            ruolo fondamentale: sempre lì a sostenerlo, a farlo


            sorridere, a dargli coraggio, e soprattutto a salvarlo.
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